OKINAWA: L`ISOLA DEL KARATE

L`evoluzione del karate è strettamente legata alle vicende storiche e culturali di Okinawa. Quest`isola, grande un terzo della Valle d`Aosta, è la principale tra le cento che formano l`arcipelago Ryukyu, situato tra il Giappone e la Cina, nell`Oceano Pacifico. Oggi Okinawa è parte integrante del Giappone. In passato ha vissuto periodi di indipendenza ed altri di sudditanza ai vicini imperi della Cina e del Sol levante. Ricostruire la storia del karate è un`impresa ardua: molti documenti che testimoniano i rapporti politico-commerciali tra Okinawa e la Cina, fondamentali per ripercorrere le tappe dell`evoluzione del`arte marziale, sono andati distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, ancora nel nostro secolo, il karate veniva tramandato segretamente, senza alcuna testimonianza scritta. Tutto ciò rende problematico rintracciare documenti che consentano di inquadrare in maniera precisa l`evoluzione delle arti marziali nella società di Okinawa. I pochi reperti fino ad ora individuati, comunque, lo sono stati proprio da ricercatori praticanti del karate.



LE VICENDE STORICHE

ll 1314 è un anno importante per Okinawa: le continue lotte tra i diversi clan dell`isola portano alla costituzione di tre regni mentre l`economia povera e di pura sussistenza subisce un notevole mutamento grazie alla riforma agraria, all`introduzione degli utensili in ferro e ai primi importanti scambi commerciali con la Cina, voluti dal re di uno dei tre regni, Satta. I contatti con il potente impero cinese si trasformano presto in un rapporto di sudditanza: i cinesi modificarono il nome di Okinawa in Ryukyu, imposero il pagamento di un tributo come pure la nomina del re di Ryukyu. Quest`ultimo fatto avrà una grande influenza nell`evoluzione del karate: per l`incoronazione del nuovo re, infatti, una delegazione cinese composta da 500 tra militari e funzionari civili si stabiliva a Ryukyu per alcuni mesi, favorendo la trasmissione dei fondamenti dell`arte da combattimento a mani nude. Tra il 1372 anno dell`incoronazione ufficiale del re Sotto e il 1866 si succederanno 23 spedizioni. Alla fine dell`Ottocento il nome originale di Okinawa verrà ripristinato mentre quello di Ryukyu indicherà l`intero l`arcipelago. Nel 1392 un gruppo di cinesi si insediò a Kume, villaggio vicino alla città di Naha. Il gruppo, denominato "le 36 famiglie", doveva assicurare il collegamento tra il potere cinese e quello locale: per cinque secoli restò una comunità chiusa, fedele alle tradizioni cinesi. Essa si dissolverà, integrandosi alla popolazione locale, solo nell`epoca Mejii (1868-1912). I tre regni verranno unificati nel 1429 dal re Sho Hashi, capostipite della dinastia che governerà ryukyu fino alla fine dell`Ottocento. Il periodo di massimo splendore coinciderà con la reggenza di Sho Shin (1477-1526), fondatore di uno stato gerarchizzato e centralizzato che avrà nel castello di Shuri, costruito nel 1509, la nuova sede del governo. Allo scopo di evitare l`insorgere di una qualunque opposizione, Sho Shin costrinse i capi locali a stabilirsi nell`area di Shuri, vietando loro l`uso delle armi. La leggenda fa risalire la nascita del karate alla proibizione delle armi e all`esigenza di contrastare l`oppressore straniero; probabilmente ciò non corrisponde al vero, dal momento che il divieto venne imposto dal re di Ryukyu per colpire l`agguerrita classe nobiliare. Si può invece pensare che questi avvenimenti abbiano favorito l`evoluzione dell`arte del combattimento a mano vuota proprio nelle classi più elevate, che potevano avere contatti con i delegati cinesi in visita al castello di Shuri e recarsi in Cina per versare i tributi. Questo facilitò certamente l`apprendimento delle tecniche di combattimento cinesi.


Nel 1609, Shimazu, signore giapponese di Satsuma, invase Ryukyu prendendo agevolmente il sopravvento sui locali: l`esercito di Satsuma, infatti, aveva in dotazione i fucili, appena introdotti in Giappone, mentre quella locale poteva fare uso delle sole armi tradizionali. Shimazu considerava prioritario il permanere dei rapporti commerciali con la Cina e comunque il mantenimento dello status quo tra l`Impero e Ryukyu. Il controllo politico dell`isola passava, però, nelle mani dei giapponesi. Ebbe così inizio un periodo di doppia dominazione che portò alla perdita dell`indipendenza di Ryukyu come pure alla compromissione della sua cultura. I nuovi assetti politici introdotti dai signori di Satsuma causarono un mutamento della struttura sociale: alcune famiglie nobili persero le tradizionali prerogative e si integrarono ai ceti artigiani e contadini; la pratica dell`arte di combattimento rimaneva unica prova della loro antica nobiltà: e probabimente in questo modo che l`arte si diffuse nelle classi povere, benché pochi siano gli indizi di una tradizione contadina del karate. Le trasformazioni veicolate dalla rivoluzione industriale occidentale indussero, nel 1868, l`imperatore thutsushito ad imporre la radicale svolta politica che prende il nome di "Restaurazione Mejii" e che pose fine al periodo feudale giapponese. Nel 1879 Okinawa venne annessa ufficialmente al Giappone, che sul finire del secolo (1894-1895) combattè e vinse un conflitto contro la Cina, determinando l`interruzione dei rapporti tra Okinawa e l`Impero. Il karate aveva raggiunto, nel frattempo, un notevole sviluppo e con i primi anni del Novecento ebbe inizio la sua diffusione in tutto il Giappone. Lo sbarco americano sull`isola e la conseguente occupazione di Okinawa durante la Seconda Guerra Mondiale (solo nel 1972 il Giappone ne recupererà il completo controllo), fecero scoprire il karate agli occidentali creando così le condizioni per la sua diffusione su scala mondiale che visse il primo importante impulso negli anni Sessanta.


L`EVOLUZIONE DEL KARATE

Non è certo se ad Okinawa esistesse una forma di lotta locale prima dei contatti con la Cina: è anzi probabile che questo tipo di lotta si sia sviluppata dopo l`instaurazione di stabili rapporti con l`Impero. Gli abitanti di Okinawa assimilarono le tecniche del kempo, radicato da secoli nello tradizione cinese, in maniera frammentaria, adattandole alle proprie caratteristiche fisiche e culturali fino a ritrasformarle in un`arte da combattimento diverso. Tra il XV e il XlX secolo, l`influsso della Cina allo sviluppo del "to-de" (nome con il quale si definiva allora il karate), si esercitò attraverso due canali principali: l`arrivo delle delegazioni cinesi in occasione dell`incoronoziane del re di Ryukyu e i viaggi che i rappresentanti locali, in maggioranza nobili di Shuri, effettuavano in Cina per pagare i tributi. La durata della loro permanenza variava da pochi mesi a due anni e consentiva loro di assimilare gli aspetti del kem-po praticato nel nord della Cina, dai nobili di Pechino. Con il passare del tempo il "to-de" cambiò tanto da assumere caratteristiche ben specifiche. Così lo Shuri-te identificò il karate che, nell`Ottocento, si praticava nell`area circostante il castello di Shuri. A Tomari, porto situato non lontano da la and d: Noha, si sviluppo` invece il `Tomari-te", scuola affine alla Shuri-te ramo da riconHuue, col tempo, m essa Contemporaneamente, nella comunità cinese di Kume, a Noha, si affermava un altro fipo di korcr re: il `Noho 1e" per lappunvo l cmesu dc Kume benchè da secoli ad Okinawa, formavano una comunità chiusa, con solidi legami con le province meridionali della Cina Solo dal 1830 la loro one S| apri ai locali, che la assimilarono ed iniegrorono alla propria had Zione L nnoduzrone del home nelle scuole e la sua successiva diffusione in Giappone. favorirono, all`inizio del XX secolo, lo sviluppo di numerosi shir legati a differenti maestri. Oggi, i praticanti sono milioni, diffusi sull`intero pianeta: risulta sempre più difficile districare gli stili esistenti, perché ognuno dr 8.55] può subire variazioni con relaliva facilità. Fino a pochi decenni fa, invece, il karate era circoscritto alla sola Okinawa i maestri, pur possedendo caratteristicheche particolari, non si ritenevano esponenti di stili differenti, e ciò consentiva agli allievi di conoscere vari metodi di insegnamento e di praticare con più di un maestro. Nel dopoguerra si affermò la classificazione dei diversi stili di karate: lo Shotokan è, oggi, quello più diffuso di derivazione Shuri-te".



MAESTRI DELIA SVOLTA

Molti maestri hanno segnato lo stile del karate ma i Maetri Sogukawa, Sakon Motsumura, Anka Itosu e Gichin Funakoshi hanno determinato svolte di fondamentale importanza. Di Sokugowo, vissuto a cavallo tra il Settecento e l`ottocento, poco su conosce: incerte le date di nascita e di morte rare i documenti, la lama che lo circonda è comunque leggenda! e ciò fa supporre che il suo influsso nell evoluzuone del karale sia stato notevole. D: lamag |a nob le fu spesso capo delle del azioni inviale in Cma per il pagamento del tr bun, do quest: woggl tomb con una applolo la conoscenza del kempo. Con luita probabilmente fu il primo maestro a tentare la sistemazione del `lode`, termine da lui coniato per identificare l'arte del combattimento a mano vuota.


Sakon Malsumuro (1809-1899) fu il primo maestro a strutturare il karale in maniera organica. D venialo guard a del re :: SOI vent anm, a venluquamo onenne l`eccezionale privilegio di Irasler rs: nel 0 s gnora di Sasuma, m Giappone, dove, nell'arco di due anni, divennne adepto della spada nella scuola di gen-ryu Ebbe modo di impranchirsi nel kempo durante i Viaggi delle delegazioni di Okinawa in Cina è ritenuto da alcuni alllevo dl Sakugawa ma mancano, al riguardo, documenti certi ll suo karate aggiunse livelli dl eccellenza nel sintetizzare gli elementi tradizionali con queli della scuola cinese e giapponese. Viene considerato il capo scuola dello stile Shuri-te".


Anko Itosu (18301915), allievo di Sokon Matsumura, introdusse il karate nelle scuole. In questo modo l'arte potrà essere assimilata da un numero di persone decisamente più ampia del passato, quando il karate veniva tramandato in gran segreto e solo ad una cerchia ristretto di adepti. La capacità pedagogica di Itosu si ritrova nella grande preparazione dei suoi allievi, molti dei quali divennero fondatori di stili importanti.


Gichin Funakoshi (1868-1957) fu all`evo di Anko Itosu. Fondatore dello stile Shotokan, negli anni Venti diffuse il karate in Giappone riuscendo ad inserirlo nel budo, cioè nel complesso delle arti da combattimento tradizionali impresa realizzata non senza di difficoltà dato che in Giappone lo scetticismo nei confronti di un`arte "straniera" e priva di tradizioni era profondo. Il valore del karate fu pero riconosciuto, tanto che quest`arte divenne, come judo, kendo, sumo e aikido una delle materie insegnate nelle università giapponesi.

Il M° Gichin fu anche letterato, insegnante, studioso e, per diletto, proprio con lo pseudonimo "shoto" (onde di pino) firmò le sue opere. Quando, mezzo secolo dopo, in seguito ad una raccolta di denaro tra allievi ed estimatori, riuscì ad aprire il suo primo Dojo a Tokyo, questo venne chiamato in suo onore Shotokan, cioè la casa di shoto. Fu proprio in quella occasione nel 1936 che il maestro stabili i requisiti necessari per ottenere gli avanzamenti di grado meglio conosciuti come kyu, cinture colorate, per i principianti e "dan", diversi livelli nell`ambito della cintura nera, per gli iniziati. Se oggi milioni di persone nel mondo ricevono dal karate benefici fisici e morali, lo devono alla piccola Okinawa, "isola del karate".



IL DOJO


Dojo (Do: via, jo: luogo) significa "luogo dove viene praticata la via". è lo spazio in cui si svolge l`allenamento, ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l`arte marziale. Tale ultimo aspetto è proprio della cultura orientale, che individua il dojo quale luogo dell`isolamento e della meditazione. I dojo erano spesso piccoli locali situati nelle vicinanze di un tempio o di un castello, ai margini delle foreste, affinché i segreti delle tecniche venissero più facilmente preservati. Con la diffusione delle arti marziali sorsero numerosi dojo che venivono considerati da maestri e praticanti una seconda casa. Abbelliti con lavori di calligralia e oggetti artistici preparati dagli stessi allievi, essi esprimevano appieno l`atmosfera di dignità che vi regnava. Talvolta su di una parete veniva posto uno scrigno, simbolo che il dojo era dedicato ai più alti valori e alle virtù del Do, non soltanto all`esercizio fisico. ln atri dojo si trovavano gli altari detti kamiza (sede degli dei), riferiti non a divinità, ma al ricordo di un grande maestro defunto.



Nel nostro stile questa tradizione viene continuata collocando l`immagine del M° Funakoshi, fondatore dello Shotokan, nello stesso punto dove anticamente si trovavano i kamiza. il cammino del M° Funakoshi nell`insegnamento del karate conobbe molte tappe e difficoltà, legate in modo indissolubile ai numerosi dojo da lui creati. Nel maggio del 1922, dopo la dimostrazione al Kodokan (il dojo del maestro di judo J. Kano), Funakoshi cominciò il suo insegnamento a Meishi-juko, il pensionato degli Studenti di Okinawa. Egli ottenne l`autorizzazione ad utilizzare la sala conferenze di questa struttura, che misurava all`incirca trentasei metri quadrati. L`edificio venne distrutto durante il grande terremoto del 1924 ed il maestro fu costretto a cercare un`altro sede. Hokudo Nokayama, un celebre maestro nell`arte della spada, propose a Funakoshi di utilizzare il suo dojo nelle ore in cui esso rimaneva inutilizzato, ma l`insegnamento del kendo era richiesto in tale misura che Funakoshi, dopo sette anni, dovette abbandonare anche quel dojo. Nel 1931 affittò una piccola casa in uno dei quartieri centrali di Tokio, Masagocho. Nel giardino di questa casa fece "posare le assi di legno" e prese a dirigere gli allenamenti. Un anno più tardi riuscì ad affittare pianterreno della casa vicino ed a costruirvi un dojo di trenta metri quadrati.



Gli allievi del M° Funakashi si autotassarono per molti anni e nel marzo del 1938 poterono inaugurare il nuovo dojo, che venne chiamato Shotokan (la casa nel fruscio della pineta), tale nome rimarrà poi a designare la sua scuola. Il dojo divenne il centro dell`insegnamento del karate Shotokan e fu frequentato da numerosi adepti sino all`inizio della Seconda Guerra Mondiale. Un bombardamento lo distrusse completamente ne marzo del 1945. Nonostante tutto, la pratica del karate Shotokan conobbe una grandissima diffusione ed oggi come allora, il dojo ne rimane il fulcro e continua a rappresentare un luogo di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto. ll dojo è il simbolo della via dell`arte marziale. In Occidente questo termine viene impropriamente tradotto in "palestra" ed inteso unicamente come spazio per l`allenamento, mentre nella cultura orientale il dojo è il luogo nel quale si può raggiungere, seguendo la "via", la perfetta unità tra zen (mente) e ken (corpo) e, quindi, il perfetto equilibrio psicofisico, massima realizzazione della propria individualità. ll dojo è la scuola del sensei (maestro): egli ne rappresenta il vertice e sue sono le direttive e le norme di buon andamento della stessa. Oltre al maestro ci sono altri insegnanti, suoi allievi, ed i sempai (allievi anziani di grado), che svolgono un ruolo molto importante: il loro comportamento quotidiano rappresenta l`esempio che deve guidare gli altri praticanti.


Quando un sempai non si cura del proprio comportamento diventa un danno per tutta la scuola. Nessun allievo avanzato prende dal dojo più di quanto esso non dia a sua volta: il dojo non è semplice spazio, ma anche immagine di un atteggiamento. I dojo della "via" si differenziano in questo aspetto dai normali spazi sportivi: l`esercizio fisico può anche essere il medesimo, ma è la ricerca del giusto atteggiamento che consente di progredire. L`allievo di karate entra nel dojo e deve lasciare alle sue spalle tutti i problemi della quotidianità, purificarsi la mente e concentrarsi sull`allenamento per superare i propri limiti e le proprie insicurezze, in un costante confronto con se stesso.


Il dojo è come una piccola società, con regole ben precise che devono essere rispettate. Quando gli allievi indossano il karate-gi diventano tutti uguali; la loro condizione sociale o professionale viene lasciata negli spogliatoi: per il Maestro essi sono tutti sullo stesso piano. I principianti apprendono, assieme alle prime tecniche dell`arte marziale, tutta una serie di norme che vanno dalla cura della persona e del kimono (che mostra solo l`emblema della scuola e non deve presentare risvolti alle maniche o ai pantaloni, al tatto di non urlare, non sporcare, non fumare, non portare orecchini od altri abbellimenti (per evitare di ferire e di ferirsi), al fatto di comportarsi educatamente fino all`acquisizione dell`etica dell`arte marziale che discende da quella arcaico-feudale dei samurai: il Bushido o "Via del guerriero". Il coraggio, la gentilezza, la cortesia, il reciproco aiuto, il rispetto di se stessi e degli altri sono dettami che, a ungo andare, entrano a far parte del bagaglio culturale dell`allievo. Nel dolo non si usa la violenza: non per nulla le arti marziali enfatizzano la forza mentale e non quella fisica, condannata prima o poi ad altievolirsi. Si entra e si esce dal dojo inchinandosi: un segno di rispetto verso l`arte ed un ringraziamento per tutto ciò che di valido essa ha offerto. Anticamente, nel dojo veniva eseguito il rito del soji (pulizia): gli allievi, usando scope e strofinacc, pulivano l`ambiente, lasciandolo in ordine peri successivi allenamenti. Tale gesto è il simbolo della purificazione del corpo e della mente: i praticanti si preparano ad affrontare il mondo esterno con umiltà. L`umiltà è una dote necessaria per apprendere e per insegnare il karate: su questo presupposto si stabilisce il primo rapporto tra insegnante ed allievi, destinato a durare nel tempo ed a tramutarsi in una solida amicizia anche fuori dalla palestra, con grande beneficio per gli uomini e per il karate.


Il Maestro Gichin Funakoshi espose i Venti Principi del Karate (Niju kun), che costituirono le basi della disciplina. In questi principi, fortemente basati sul bushido e sullo Zen, è contenuta la filosofia dello stile Shotokan. Essi contengono nozioni di umiltà, rispetto, compassione, pazienza e calma sia interiore che esteriore.


1. Non bisogna dimenticare che il karate-do comincia con il saluto, e termina con il saluto.
2. Nel karate, non si prende l`iniziativa dell`attacco.
3. Il karate è un complemento della giustizia.
4. Conosci dapprima te stesso, poi conosci gli altri.
5. Nell`arte, lo spirito importa più della tecnica.
6. L`importante è mantenere il proprio spirito aperto verso l`esterno.
7. La disgrazia proviene dalla disattenzione.
8. Non pensare che si pratichi karate solamente nel dojo.
9. L`allenamento nel karate si prosegue lungo tutta la vita.
10. Vedi tutti i fenomeni attraverso il karate e troverai la sottigliezza.
11. Il karate è come lèacqua calda, si raffredda quando si smette di scaldarla.
12. Non pensare a vincere, ma pensa piuttosto a non perdere.
13. Cambia secondo il tuo avversario.
14. L`essenziale in combattimento è padroneggiare il Pieno e il Vuoto.
15. Considera gli arti dell`avversario come altrettante spade.
16. Quando un uomo varca la porta di una casa, si può trovare di fronte a un milione di nemici.
17. Mettiti in guardia come un principiante, in seguito potrai stare in modo naturale.
18. Bisogna eseguire correttamente i kata, essi sono differenti dal combattimento.
19. Non dimenticare la variazione della forza, la scioltezza del corpo e il ritmo nelle tecniche.
20. Pensa ed elabora sempre.
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